Il trauma e la memoria

Tutti noi per il semplice fatto di vivere siamo esposti all’eventualità di sperimentare traumi psicologici.
Grazie alle risorse proprie e al sostegno di altri la maggioranza delle persone riesce a recuperare un nuovo equilibrio, ma ci sono ferite che continuano a far molto male a distanza di tempo alle volte anche moltissimi anni.

Un trauma psicologico può essere descritto come l’effetto di un evento particolarmente stressante sulla nostra memoria (emotiva, corporea, cognitiva) o meglio ancora come il “congelamento” del ricordo dell’evento all’interno di un circuito neuro-psico-biologico che ne mantiene nel tempo la componente disturbante.

Quando si parla di trauma psicologico, sono fondamentali i concetti di evento traumatizzante e di ricordo traumatico. Un evento “traumatico”, infatti, non è traumatico di per sé. Lo diventa in rapporto allo stato in cui si trova “in quel momento” la persona che lo vive. Un evento diventa traumatico, e dunque provoca un trauma psicologico, a seconda delle risorse che possiede la persona che lo vive. Un ruolo importante viene giocato anche dalle figure di accudimento vicine alla persona, le quali possono (o non possono) sostenere o in parte sostituire il sistema di elaborazione andato in tilt.

Dal punto di vista dell’approccio EMDR (approccio per la risoluzione dei disturbi legati al trauma) due sono le categorie del trauma:
Trauma con la “T” maiuscola e trauma con la “t” minuscola.

Un trauma psicologico con la T maiuscola è il risultato di un evento singolo, ben riconoscibile e ben delineato nel tempo, che ha causato nel soggetto (o in una persona in cui il soggetto poteva identificarsi), l’esperienza di una minaccia vitale. Esempi di trauma psicologico con la T maiuscola sono eventi che minacciano la nostra integrità come alcuni terremoti, certi incidenti d’auto, abusi, rapine, omicidi, disgrazie naturali, attentati, ecc.

Un trauma psicologico con la t minuscola è il risultato spesso di una serie di eventi disturbanti ognuno dei quali, di per sé, non causa la percezione di una minaccia alla vita del soggetto. Alcuni esempi sono i traumi relazionali, come le interazioni disfunzionali con figure di riferimento ma anche  lutti, aborti, separazioni, perdita del lavoro, episodi negativi nell’infanzia, episodi di esclusione sociale, fallimenti, ecc.
E’ proprio allora che queste umiliazioni, abbandoni, trascuratezze e paure possono lasciare il segno  modificando  non solo i nostri atteggiamenti, emozioni e relazioni con gli altri ma anche alcune aree del nostro cervello, imprimendosi in specifiche aree come hanno dimostrato studi all’avanguardia nel campo della neurobiologia.

Se per i Traumi con T tendenzialmente le persone non hanno difficoltà a risalire all’evento chiave del passato immagazzinato in memoria e che, ancora oggi, provoca disagio emotivo, le persone che hanno vissuto traumi “t” possono avere meno consapevolezza di ciò che contribuisce al loro malessere attuale. Spesso la sensazione è quella di sentirsi ingabbiati, presi da un qualcosa di poco definibile che pervade le nostre esperienze.
Terr (1991)   propone la distinzione tra traumi di primo e di secondo tipo: nei casi di traumi di primo tipo (in cui l’evento traumatico si è verificato una sola volta) i ricordi sono per la maggior parte completi e dettagliati; al contrario, nei casi di trauma di secondo tipo (in cui gli eventi traumatici sono ripetuti e prolungati) i ricordi sembrano essere fissati come delle macchie piuttosto che come un intero chiaro e completo.

 

Eventi di Vita e Memoria

Esperienze eccessivamente stressanti per intensità, valenza personale o durata stimolano processi che inibiscono alcuni meccanismi della memoria, determinando poi una sorta di blocco proprio nella capacità di rievocare tali ricordi.
Gravi traumi lasciano funzionanti solo i sistemi iniziali e più “primitivi” della memoria pre-verbale (Meares, 2005).
Pertanto, i ricordi del trauma potranno ripresentarsi attraverso l’immagine visiva, le sensazioni olfattive, uditive o cinestesiche, ossia attraverso frammenti delle componenti sensoriali dell’evento. Come sottolineano Di Blasio e Procaccia (2009), l’incompatibilità delle esperienze traumatiche con i normali schemi mentali interni non permette una naturale integrazione nella memoria dando, così, luogo a risposte di stress. La componente disturbante emotiva, cognitiva e corporea del ricordo traumatico può raggiungere un’altissima disponibilità di accesso presentandosi inaspettata e non riconosciuta all’interno di esperienze quotidiane della persona.
I ricordi di un evento che ha causato un trauma psicologico, infatti, sono diversi dai ricordi normali anche perché alcune componenti vengono fisicamente registrate in un luogo diverso del cervello, l’amigdala, che è il nostro centro di allarme.
L’amigdala non possiede il senso della progressione del tempo perciò, quando il ricordo traumatico viene attivato (ossia richiamato alla mente da un qualche stimolo, spesso innocuo), la persona non si rende conto che si tratta di un ricordo lontano nel tempo, ed è portato a rivivere oggi la stessa componente emotiva disturbante di allora.

Di certo, il trauma, ha di per sè la caratteristica di distorcere la modalità di immagazzinamento degli eventi in diversi modi, per poi emergere anche molto tempo dopo.
L’’evento traumatico può alterare il normale assetto biochimico, neurologico, psicofisiologico e cognitivo-emotivo della persona esposta, che, in presenza di fattori di rischio pre-traumatici, possono condurre a processi di memorizzazione anomala. Diversi studiosi hanno suggerito che i ricordi traumatici sono differenti dagli altri ricordi autobiografici; ad esempio, Van Der Kolk e Fisler (1995) postularono che i ricordi traumatici sono inizialmente rivissuti in una forma sensoriale “senza alcuna rappresentazione semantica, primariamente sperimentati come frammenti di componenti sensoriali dell’evento”.
Anche P. Levine conferma che   “”Il ricordo non risiede nell’’evento ma nella fisiologia del corpo””

Le memorie traumatiche si distinguono, perciò, dalle memorie normali perché sono composte da immagini, sensazioni, comportamenti, che sono immodificabili nel tempo e sono automaticamente portate alla luce con modalità particolari, come ad esempio tramite incubi e flashback (come accade nel Disturbo Post-traumatico da Stress. ).
E’ interessante notare come mentre le memorie di eventi ordinari perdono chiarezza con il tempo, alcuni aspetti degli eventi traumatici sembrano fissarsi nella mente rimanendo inalterati nel tempo (Mazzoni, 2000; D’ambrosio, 2010).

Il detto “il tempo guarisce tutte le ferite” non è valido per il trauma .

Probabilmente questo avviene in relazione anche all’effetto Zeigarnik   (dal nome della psicologa lituana Bluma Zeigarnik)   cioè la tendenza a ricordare i compiti e le azioni incompiute o interrotte con maggior facilità di quelle completate e il trauma porta tendenzialmente con se’ sensazione di impotenza, non azione e sospeso.

 

Conseguenze

La chiusura della traccia di memoria di un evento nel circuito neuro-psico-biologico   (cioè Il blocco del sistema di elaborazione e autoguarigione naturalmente insito in ciascuno di noi) può avere delle conseguenze che influenzano negativamente il concetto di sé dell’individuo, così come le sue aspettative sul funzionamento del mondo.
Su questo si basano moltissimi casi di bassa autostima, di ansia inspiegabile, problemi affettivi, di depressione e sfiducia nel futuro. Nei casi peggiori, invece, il trauma psicologico può impedire l’evoluzione di importanti funzioni mentali (funzioni metacognitive) influenzando il consolidamento di sintomi e disturbi come le dipendenze, le fobie, gravi depressioni, disturbi ossessivi ecc.   Quando, poi, a essere attivati sono ricordi inaccessibili alla consapevolezza, l’intensa emotività è l’unica cosa di cui il soggetto si accorge, percependo solo di stare male, senza motivo apparente (per esempio in certi casi di attacchi di panico). Nella sindrome psicologica chiamata PTSD (Disturbo da Stress Post Traumatico) queste condizioni conducono all’evitamento di situazioni e luoghi, limitando di molto la vita della persona che ha subito il trauma psicologico.

 

Affrontare e risolvere il trauma

L’EMDR (desensibilizzazione ed rielaborazione attraverso i movimenti oculari) è usato fondamentalmente per accedere, neutralizzare e portare a una risoluzione adattiva i ricordi di esperienze traumatiche che stanno alla base di disturbi psicologici attuali del paziente. L’EMDR è un approccio complesso ma ben strutturato che può essere integrato nei programmi terapeutici aumentandone l’efficacia. E’ un metodo specifico perchè considera tutti gli aspetti di una esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici. Questa metodologia utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’’equilibrio eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Si basa su un processo neurofisiologico naturale legato all’elaborazione accelerata dell’informazione.